La parola “omologare” affonda le sue radici nel greco antico, derivando da “omos” (stesso) e “logos” (discorso). In apparenza, significa “fare lo stesso discorso”, ovvero uniformarsi, adattarsi a un modello esistente. Ma cosa implica davvero questo atto?
Parlare con le parole di un altro significa cercare approvazione, desiderare una conferma da parte di chi consideriamo superiore o degno di essere seguito. Omologarsi non è solo accettare una norma, ma è anche una forma di rinuncia alla propria identità. Significa abbandonare la propria unicità per diventare ciò che gli altri vogliono, piuttosto che restare fedeli a se stessi.
Nel linguaggio giuridico e burocratico, omologare significa aderire a una norma prestabilita, conformarsi per essere riconosciuti validi. Ma in questo processo si insinua un rischio: quello di perdere la propria autenticità. Quando ci omologhiamo, ci priviamo della nostra originalità per adattarci a uno standard esterno, spesso senza nemmeno interrogarci sul perché lo facciamo.
Omologarsi non è sinonimo di condivisione di idee o passioni, né di una convergenza consapevole verso un obiettivo comune. È piuttosto una sottomissione a un paradigma imposto, un’accettazione automatica che non sempre riflette ciò che sentiamo davvero. È il ripetere parole già dette, senza interrogarci sul loro significato più profondo e sulle conseguenze che comportano.
Indagare il senso profondo di questa parola ci spinge a una riflessione: quanto spesso ci allineiamo a un modello imposto, allontanandoci dalla nostra essenza? Omologarsi è un verbo da usare con cautela, poiché porta con sé il rischio di smarrire la propria autenticità.
Dietro l’omologazione si cela spesso la paura di non essere accettati. È il desiderio di appartenenza che ci spinge verso il branco, verso il gregge. Ma in questa ricerca di sicurezza, possiamo finire per smarrire ciò che ci rende unici.
Nel prossimo articolo esploreremo il significato interiore di queste due parole, “branco” e “gregge”, per capire se, come “omologarsi”, trasmettono lo stesso avvertimento per l’essere umano: quello di non perdere sé stesso nella conformità.